Perché dovrei essere onesto? Mi stendono lo stesso!
Perché non dovrei essere onesto! Mi stendono lo stesso.
novembre - dicembre 1936
Versione ungherese:
József Attila
Két hexameter
Mért legyek én tisztességes? Kiterítenek úgyis!
Mért ne legyek tisztességes! Kiterítenek úgyis.
A livello grammaticale c'è ancora una svolta. In italiano, come in molte altre lingue, una domanda oppure un'esclamazione con negazione può avere lo stesso valore pragmatico di una domanda senza negazione. Come per dire "dammi una buona ragione per cui non dovrei, perché per me invece è ragionevole farlo". Quindi le domande negative o le esclamazioni negative vengono spesso usate per implicare l'aspettativa di una risposta positiva. E in questo senso le due affermazioni, in realtà, vorrebbero dire la stessa cosa? Nella seconda frase abbiamo la congiunzione interrogativa “perché”, che la maggior parte delle volte usiamo per porre una domanda. Ma siamo in presenza di un punto esclamativo alla fine della frase, che capovolge il significato e mette maggior accento sulla supposizione che sia meglio non essere onesti, invita a elencare i motivi per cui non conviene esserlo. In questo modo, in tutte e due le frasi oscilla questo doppio significato, l'uno opposto all'altro, e due versi che in questa oscillazione rimangono sempre opposti. Se ci immergiamo in questo aspetto, sembra che non ci sia via d’uscita e che rimaniamo intrappolati per sempre, e potremmo sentirci smarriti fino alla follia, perché appena pensiamo di aver capito bene il significato, esso esalta il suo opposto.
Mi sono trovata di fronte a una difficoltà. La poesia si intitola Due esametri. Nonostante la traduzione dei due versi sia scaturita da me subito e senza qualsiasi sforzo, e rispecchi l'originale a livello musicale, nella versione italiana non si tratta di due esametri per eccellenza. Ho tentato di ricreare la forma esametrica, ma facendo un po’ di ricerche ho constatato che nella letteratura italiana tale forma è stata sostituita tendenzialmente con l’endecasillabo sciolto o con la metrica barbara carducciana, per il fatto che l’italiano, come lingua, tenda naturalmente all’accento regolare sulla penultima sillaba. Il significato di questi due versi è molto denso, e apre a tante riflessioni, anche per il fatto che siano formulati in un modo molto conciso, quasi come due colpi in testa.
La poesia pone in due esametri la domanda di sempre dell’umanità, e, tramite le possibilità che la grammatica ci fornisce, rende l’idea di quanto questo conflitto interiore possa risultare molto complesso dentro di noi.
Ma forse c’è un briciolo di speranza per noi, una luce sottile che possa servirci da guida. Nella lingua ungherese “én” è l'equivalente della prima persona singolare “io”. Nel secondo verso trovate la parola “ne”, che, come potete osservare, è effettivamente l’immagine speculare della parola “én”, o il suo negativo, osservando strettamente l’ordine delle lettere e tralasciando il significato. Il suo significato in realtà è un marcatore di negazione imperativa. Questo potrebbe significare che sono "inverso", stravolto, capovolto, quando non sono onesto, e che quando sono onesto almeno sono fedele a me stesso?
Irisz Maar © ottobre 2025
Revisione e correzione: Anna Cavallini