2024. 07. 27.
Ci vuole risolutezza
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Ci vuole risolutezza

Questa settimana vorrei parlare del libro di una donna che mi ispira dal primo momento che l'ho conosciuta. Oggi parliamo di It Takes Grit di Rebecca Louise, disponibile in inglese.

Più o meno sette anni fa mi è capitato di non avere modo di allenarmi in palestra, perciò mi ero messa a cercare degli esercizi su YouTube. Ad un certo punto mi sono imbattuta anche in lei. All'epoca faceva dei video di dieci-quindici minuti di esercizi per un canale fitness, insieme ad altri allenatori e allenatrici. Lei ha una personalità travolgente, ma all'epoca era molto riservata in questi video. In seguito ci sono riuscita di nuovo ad andare in palestra, ma ogni tanto, per un motivo o per l'altro, ho fatto anche i suoi esercizi a casa. In questo modo ho potuto seguire, passo per passo, la sua crescita, professionale e personale, e mi sorprendevo sempre dei suoi progressi, quando, magari dopo qualche mese, tornavo a vedere i suoi esercizi, perché nell'arco di pochi anni è riuscita a tirare su la sua attività, la sua impresa, e non si è fermata lì, ma è invece in continua evoluzione, e fa crescere questa sua attività senza sosta, portandovi sempre nuove prospettive.

Infatti, ad un certo punto ha introdotto nei suoi video anche il coaching, cioè è diventata anche un coach, e diffonde, gratuitamente, le idee e la mentalità che l'hanno portata, sia a livello professionale che nella sua vita privata, dov'è ora. Inoltre, ha raggiunto qualcosa di ammirevole per quanto riguarda il suo corpo, perché da adolescente aveva problemi con l'immagine del proprio corpo e soffriva di disturbi di alimentazione. Alla fine ha trasformato questa esperienza tremenda in tutto ciò che ha creato.

Nel suo libro riassume tutto ciò, fornendoci degli appoggi e condividendo con noi questa mentalità, che ci possono sostenere ed aiutarci ad andare avanti, anche in tempi difficili per noi, oppure perché per vari motivi ci sentiamo ostacolati, bloccati, anche da certi schemi che abbiamo imparato in un modo sbagliato già nella nostra infanzia.

Quindi, oltre a quello che questa donna ha raggiunto a livello professionale e anche nella sua vita privata - perché parla tanto anche di questo ambito della nostra vita - ha trasformato l’esperienza tremenda che ha dovuto affrontare con il suo corpo in qualcosa che mira ad aiutare più persone possibili a superare i loro problemi con l'immagine del proprio corpo, e a raggiungere uno stile di vita che gli permetta di tenersi in forma, ma non solo a livello fisico. Si è messa in testa che tramite la sua impresa possa aiutare gli altri a raggiungere i loro obiettivi, a realizzarsi e a diventare la persona che si è destinati ad essere.

Ha anche un'applicazione di nome Burn, precedentemente Btes, che funziona come una palestra online. Solo che ogni membro riceve un piano personalizzato per l'allenamento, dopo un attento esame di base scientifico della corporatura e del fisico della persona, insieme ai suoi obiettivi. Inoltre riceve un piano di alimentazione, e un supporto di un componente dello staff, tramite chiamate, in cui si fa il punto della situazione.

Oltre a tutto ciò, Rebecca Louise ha iniziato un podcast, in cui parla con persone già realizzate, persone che sono già arrivate dove volevano. Lo scopo di Rebecca Louise, o meglio, la sua missione dichiarata, è farci ispirare dalle loro storie, farci imparare qualcosa da loro.

Rebecca Louise è una persona molto interessante e complessa. Viene dall'Inghilterra. Il suo sogno era di vivere negli Stati Uniti, più precisamente in California. E immaginate cosa ha fatto una volta arrivata in California: un corso per pilota per portare in giro i turisti. Ma una volta, lassù, si è trovata in una situazione critica, che adesso non rivelo, così potete scoprirlo da voi.

Nei suoi video trasmette anche la sua solarità, e con la sua forza riesce a dare forza anche a noi, e a metterci in testa tutto ciò che vuole trasmetterci per la nostra crescita personale.

Io ho comprato il suo libro, o meglio, mia mamma me l'ha comprato, certamente anche perché mi interessava tanto quello che voleva dire, ma più che altro perché comprandolo potevo avere accesso al suo ricettario, che mi interessava tanto. Infatti, dopo aver ricevuto il link, l'ho scaricato sul mio computer, e poi l'ho stampato e l'ho fatto rilegare scegliendo la copertina che trovavo più adatta al mondo di Rebecca Louise, e ho fatto stampare sulla copertina: "Da mamma".

Recipe

Infatti, la sua intenzione non è soltanto di aiutare gli altri a raggiungere il loro peso e corporatura ideali, ma anche di introdurre nella vita delle persone un'alimentazione sana, per portare un cambiamento anche per quanto riguarda tutto ciò. Cliccando qui potete trovare in lingua inglese la ricetta di uno dei suoi piatti che ho preparato.

Adesso parlo un po' di certi concetti fondamentali che lei cerca di trasmetterci, perché vede che sono la chiave se vogliamo cambiare la nostra vita e realizzarci su vari livelli.

Uno di questi concetti è la costanza, insieme alla risolutezza.

Come accenna sempre, non è il talento, o un'idea geniale che porterà il cambiamento. Ma la costanza e la risolutezza. Cosa intende con questo? Intende che, anche se siamo stanchi, anche se non ci sentiamo motivati, anche se abbiamo perso il filo, anche se abbiamo tanto altro da fare, anche se siamo tristi, o abbiamo cominciato a dubitare di noi stessi, del nostro valore, delle nostre capacità, dobbiamo muoverci, dobbiamo essere presenti per lavorare al nostro progetto, anche se in quel momento abbiamo perso tutta la fiducia che vi avevamo riposto e non crediamo più che ci porterà da qualche parte. Perché, come accenna sempre, è la costanza che fa la differenza. Questo concetto in particolare mi ha aiutato tanto, anche se la costanza e la risolutezza le conosco da vicino, su vari livelli della mia vita, perché sono delle qualità che credo che mi appartengano fin da quando ero piccola. A volte addirittura in modo eccessivo.

Il mio rapporto con lo sport è molto simile a quello di Rebecca Louise. Nel mio caso non si trattava di disturbi alimentari e problemi con il mio corpo, per fortuna - anche se da adolescenti avere problemi con il proprio corpo probabilmente è inevitabile, purtroppo, e anch'io ne ero soggetta - ma soffrivo di asma, perciò non mi lasciavano fare tutti gli esercizi e giochi di squadra come gli altri, specialmente la corsa. Questo mi faceva male, proprio perché mio nonno, con cui avevo un rapporto molto speciale - ma quando andavo a scuola purtroppo non era più fra di noi - era insegnante di educazione fisica, era l'allenatore della squadra di calcio del nostro comune e, come se non bastasse, quando era più giovane dava lezioni all'Università di Scienze Motorie. Oltre a questo, non mi piaceva essere diversa dagli altri per questo motivo, poter fare meno ed essere sempre l'ultima nella corsa. Non volevo affatto impiegare più tempo per il percorso. E allora ho cominciato. A stringere i denti, e a portare tutto a termine. Arrivati alle superiori, ho fatto parte della squadra di calcio femminile, i cui allenamenti nelle prime settimane, con l'allenatore alla lavagna, si sono svolti in classe, imparando delle strategie, e soltanto dopo questo abbiamo iniziato effettivamente gli allenamenti, ogni venerdì, dalle tre, fino alla partenza dei nostri ultimi autobus; quattro-cinque ore. Nella nostra scuola per fortuna il programma di educazione fisica era molto rigoroso, perciò abbiamo giocato spesso a pallacanestro, a pallamano, a volleyball, oppure, per esempio, esercitato il salto in alto, solo per elencarne alcuni, e ne abbiamo organizzato anche dei tornei. Per tutto questo sono molto grata alla signora Marika, la nostra insegnante di educazione fisica.

Pian piano ho scoperto di aver ereditato in gran parte la corporatura e la muscolatura di mio nonno, cosa che mi rendeva molto felice e molto fiera.

Come narra la leggenda della famiglia, il nonno perse il suo posto all'Università. Come mai? Eravamo negli anni in cui in Ungheria c'era ancora il comunismo. Un uomo a una festa aveva importunato la fidanzata del nonno, la signorina farmacista del paesino, che ancora non era mia nonna. Il nonno gli aveva chiesto di smettere, ma lui non l’aveva fatto, perciò il nonno gli aveva rifilato un bel pugno. Solo che quest'uomo era un segretario del partito.

Un altro concetto molto importante, che Rebecca Louise spesso accenna, è formare la squadra giusta per noi. Squadra che tifa per il nostro successo, in cui i membri si aiutano a vicenda, sono presenti l’uno per l'altro, risolvono insieme i problemi che emergono, si rallegrano a vicenda, condividono le gioie, e si supportano nei tempi difficili, invece che remare contro, come può succedere spesso. Accenna spesso di avere il diritto di abbandonare i rapporti che invece ci danneggiano proprio. Spesso non sappiamo che possiamo andarcene. Certamente, qua per esempio, c'è una linea sottile che è sempre difficile da valutare. Perché spesso l'altra persona ha una difficoltà che non riesce a superare da sola, perciò, in realtà, avrebbe bisogno di un nostro supporto costante e risoluto, e il nostro amore incondizionato. Di questo parlerò un po' più dettagliatamente.

Qualche settimane fa, mentre durante la lezione mi guardavo nello specchio in palestra, ho avuto una rivelazione: le persone, generalmente, tendono a rivolgersi a me come ha fatto il nonno. Solo che non mi ero resa conto di dover essere molto grata per tutto ciò che ho ricevuto da lui. Noi eravamo parte della squadra: mia mamma, la nonna, il nonno e io, insieme a Lady, il pastore tedesco che avevo ricevuto dal nonno per il mio primo compleanno. Ma il nonno, Lady e io eravamo una squadra speciale. Il nonno aveva una motocicletta rossa - era molto iconico anche per questo fatto, nel paesino – con un carrozzino, sempre rosso. Allora lui ha preso me e Lady, ci ha messe nel carrozzino, io con il casco e con la cintura, e mi hanno portato - lui e Lady - alla scuola materna. Squadra speciale, anche perché per Lady, insieme al nonno, ero io la padroncina, anche se, in realtà, lei si comportava con me spesso come un genitore, e anche lei, come il nonno, mi ha permesso tante cose che agli altri non permetteva. Avevamo un'intimità tutta nostra. Tutti e tre insieme, e poi il nonno e io, io e Lady, e anche Lady e il nonno. Ero molto legata al nonno, credo che mi volesse dare tutto ciò che avrebbe dovuto darmi un padre. Avevo quattro anni e mezzo quando è venuto a mancare, e mi ricordo, come se fosse successo ieri, il dolore insopportabile, allucinante, che ho sentito. Era come se mi avessero staccato una parte del mio corpo, una parte del mio essere. Mi ricordo anche di aver avuto tanta difficoltà a superare questa perdita, questo dolore.

Tornando a temi più sereni: come si sono conosciuti mia nonna e il nonno? L'altra leggenda della famiglia vuole che il nonno fosse andato a Budapest per un evento, e quando è arrivato, c'era una donna sul palco che recitava una poesia. Il nonno ha chiesto alla persona - del tutto sconosciuta - accanto a lui: - Sa chi è quella donna? - No, non lo so. - Sarà lei mia moglie. E però la nonna aveva un fidanzato che la aveva già chiesta in sposa.

Ho accennato due concetti presenti nel libro, che secondo me sono molto importanti oggigiorno, perché tanti di noi affrontano delle difficoltà, degli ostacoli e delle sofferenze, perché da bambini non ci hanno istruiti su certi tipi di mentalità che potrebbero essere a nostro favore. Di tutto ciò che Rebecca Louise mi ha dato e mi dà ancora, porto con me quello che sono certa che mi serva, e cerco di interpretare le sue parole ponderandole sempre, tenendo presente quanto è complesso il mondo.

Ci sono delle parti di questo tipo di mentalità con cui non riesco a fare pace del tutto, perché ritengo che comunque ogni cosa della vita e ogni rapporto abbia tante sfumature, e non mi piace semplificare certe cose. Lei suggerisce di evitare di essere circondati da persone negative che si lamentano troppo, perché la mentalità delle persone che ci circondano ci condiziona, e spesso ci ostacola. Sono d’accordo fondamentalmente, perché questo è vero. Quindi dobbiamo creare una rete che ci sostiene, perciò prendere le nostre distanze è giusto e spesso è necessario, ma secondo me non si deve proprio abbandonare, escludere, in ognuno di questi casi. Ci sono delle persone che si lamentano, perché hanno avuto ferite nell’infanzia, per esempio, e non ne riescono a uscire, oppure hanno subito un trauma, dopo cui è molto probabile che uno ci metta anni a guarire. Magari risultano negative, e non riusciamo ad aiutarle, o tirarle su, ma questo è del tutto normale secondo me. È la nostra presenza costante, nonostante tutto, e il nostro amore, che possono aiutarle. Quindi anche questo suo concetto è importante e ci può aiutare tanto, ma dobbiamo stare in guardia, perché questi concetti non risultino troppo totalizzanti, facendoci perdere cose che sono importanti per noi, o facendoci rischiare di non dare appoggio alle persone che amiamo, anche se sono difficili.

Io credo che abbiamo bisogno di queste tecniche, del tipo di attitudine descritta nel libro, ma dobbiamo usarle come se fossero l'ago della bussola che ci indica una direzione da seguire. Oppure come un appoggio che ci aiuta a rimanere in piedi, in equilibrio, quando invece stiamo per cadere. Altrimenti, a mio avviso, c'è questo pericolo che diventino totalizzanti e, invece di aprire la nostra mente e le possibilità, restringano i nostri modi di pensare, e c'è il rischio che ci rendano uniformi, mentre invece dobbiamo custodire la nostra unicità. E soprattutto dobbiamo stare attenti a non perdere la nostra unicità nel nome di una mentalità. Trovare un equilibrio, usare questi concetti per il nostro benessere, ma non lasciare che sostituiscano tutto ciò che ci rende unici. Anche Rebecca Louise ci invita a utilizzare la mentalità che cerca di trasmetterci proprio per riuscire a trovare questa nostra unicità.

Penso lo stesso del suo ricettario. È importante seguire una dieta sana, ma a me piace assaporare, non soltanto ogni sfumatura della vita, ma anche esplorare i piatti, i sapori tipici di ogni Paese, di ogni regione, perché questi sapori ci aprono mondi per noi sconosciuti, e può essere che siano sani, ma a modo loro. Per esempio una particolarità interessante del cibo ungherese è che tendenzialmente è molto proteico.

 

piatto

 

Rebecca Louise, per sfidare se stessa, si è messa in testa di scalare il Monte Everest, e noi la potevamo seguire da qua. Allora lei ha cominciato a paragonare ogni nostro sogno, ogni nostro obiettivo al Monte Everest. Lì, sul Monte, doveva combattere per ogni suo passo, e per poter fare quei passi, prima si è allenata a lungo, perché senza questo allenamento e preparazione non è permesso tentare di scalarlo, perché è molto pericoloso. Ci invita a immaginare che ogni nostro passo verso quello che vogliamo sia come i suoi passi per arrivare alla cima del Monte Everest.

Ogni volta che mi assalgono la stanchezza, i dubbi e la svogliatezza, mi risuonano nella testa le parole di Rebecca Louise: "fatto a metà è meglio che non fatto per niente". Tutto ciò che dice durante i suoi allenamenti sulla costanza e sulla risolutezza, la sua voce e questi concetti, mi appoggiano e aiutano a scavalcare le difficoltà del momento che mi ostacolerebbero. Oppure anche di fronte a certe scelte importanti sento la sua voce: "Ho capito che questo non fa per me". Allora anch'io cerco di capire cosa fa per me e cosa invece non fa per me. Sono molto grata a lei.

Nel libro potete leggere, per esempio, anche di come evitare di trovare delle scuse invece di agire, perché sia meglio prepararci allo scenario peggiore, perché accettare una proposta anche se non siamo qualificati, oppure come gestire l'ansia. 

E perché non dobbiamo avere paura dei carboidrati?

Potete visitare il suo sito qui, e leggere il suo blog in cui condivide tante sue idee. Il suo podcast lo trovate a questo link.

Voi che esperienze e ricordi personali avete che possono essere collegati alla costanza e alla risolutezza o a una squadra speciale nella vostra vita?

 

 

Irisz Maar © luglio 2024

Revisione e correzione: Anna Cavallini


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