2024. 02. 13.
I nostri giochi quotidiani
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I nostri giochi quotidiani

Questa settimana parliamo del libro di Eric Berne, A che gioco giochiamo, nella traduzione di Vittorio di Giuro.

Lo propongo perché, quando l'ho letto per la prima volta, tanti anni fa, per fortuna, ho avuto tante illuminazioni. Ha capovolto la visione di me stessa, degli altri e dei rapporti umani. Ho compreso tantissimi meccanismi che possono impadronirsi della vita di una persona, impedendole di condurre una vita autentica.

Cosa sono i giochi nominati dal titolo del libro e come funzionano?

Prima di tutto: qual è il loro senso, il loro obiettivo? Non altro che la soddisfazione, cioè il pagamento, come lo chiama il libro, che otteniamo tramite loro. Una soddisfazione massima, che va raggiunta al culmine del gioco. Per poter raggiungere questo scopo va istaurata una situazione che permetterà di avere questi frutti. Ma questi frutti in qualche modo sono finti, come vedremo fra un po'.

Berne dà nomi metaforici a questi giochi e poi ci spiega come funzionano.

Vediamo un esempio!

"Guarda che mi hai fatto fare"

Prendiamo un marito, già di per sé scontroso, che comincia a interessarsi sempre di più ad un'attività che gli permette di isolarsi. Magari per il momento vuole essere lasciato da solo. Il Seccatore, un figlio o la moglie, si sta avvicinando con delle scuse, come per esempio "hai visto le forbici?", e a questo punto "per colpa del Seccatore" il marito commette un errore nell'attività scelta, uno sbaglio con il saldatore o al computer, e la sua reazione può essere riassunta in questa frase: "Guarda che mi hai fatto fare!". In realtà non sbaglia "per colpa dei Seccatori", ma perché lui stesso è irritato. Le conseguenze saranno che con il tempo i "Seccatori" tenderanno a lasciarlo da solo, e lui avrà una buona scusa per chiudere fuori quelli che lo stanno seccando, quindi lui è contento.

Questi giochi, come descrive Berne, possono incrociarsi. Una persona che tipicamente gioca a "Guarda che mi hai fatto fare" tende a sposare una che gioca a "Sto solo cercando di aiutarti" o un affine. Tali giochi però hanno conseguenze serie, per esempio, come descrive Berne, in questo caso il "Guarda che mi hai fatto fare" lascia volentieri a "Sto cercando di aiutarti" la responsabilità per scegliere ristoranti o scuola per i figli. Se l'esito è sereno, se lo gode. Se invece è il contrario, può accusare tranquillamente l'altro: "Guarda che mi hai fatto fare".

Berne afferma che in questo caso principalmente si tratta di un gioco coniugale, ma chi gioca così tende ad adottare questo atteggiamento anche in ambito lavorativo. Per "spirito democratico" chiede opinioni e consigli ai suoi sottoposti, e se tutto va storto non deve assumersi la responsabilità, e può incolpare gli altri. Questo gioco, però, usato verso i superiori porta probabilmente al licenziamento, ed entra in gioco, come afferma Berne, il gioco di "Perché succede sempre a me?"

L'autore formula anche delle antitesi per i giochi. In questo caso, l'antitesi per il giocatore "Guarda che mi hai fatto fare" di primo grado, come lo chiama Berne, sarebbe lasciarlo alla sua solitudine, quello di secondo grado sarebbe accollargli la responsabilità per ogni decisione, però in questo caso la reazione di questo tipo di giocatore potrebbe essere lo smarrimento, oppure sarebbe costretto a prendere l'iniziativa, però mettendo il broncio, cosa che per l'altra persona sarebbe di sicuro spiacevole, se non dolorosa. L'antitesi di terzo grado sarebbe andare da un professionista.

Lo scopo del gioco è la vendetta, il vantaggio psicologico è evitare la responsabilità. Questo gioco minaccia l'intimità, visto che la collera del giocatore è "giustificabile". Berne fornisce spiegazioni ulteriori, che potete trovare nel libro. [1]

L'autore divide i giochi in sette categorie: Giochi di vita, come per esempio "L'alcolizzato" e "Il Debitore", Giochi coniugali come fra tanti "L'occupatissima" o "Tutta colpa tua", Giochi di società come per esempio "Non è terribile" o "Goffo pasticcione", Giochi sessuali come ad esempio "Vedetevela tra voi" o "La Burrasca", Giochi della malavita come "Peliamo il pollo" "Come si può uscire da qui", Giochi dello studio medico come "Sto cercando solo di aiutarti" o "La contadina", e i cosiddetti Giochi buoni come "Il cavaliere", "Lieto di essere utile" o "Il saggio del villaggio". Nel libro potete trovare la descrizione di questi schemi e quella dei giochi ulteriori presentati da Berne.

Berne ci racconta della funzione di questi giochi. Il gioco, sociale o personale che sia, ha la funzione di sostituire l'intimità, perché ciò nella vita quotidiana spesso è impossibile, o irraggiungibile, ed è per questo motivo, per esempio, che la vita sociale è occupata maggiormente da giochi.

Come Berne definisce i Giochi buoni: sono i giochi che portano al benessere di tutti i giocatori, "anche di chi è parte in causa". Berne dice: "Poiché anche nelle forme migliori dell'azione e dell'organizzazione sociale non si può fare a meno di trascorrere buona parte del tempo a giocare, bisogna assiduamente perseguire la ricerca dei giochi buoni." Come "Il cavaliere", "Lieto di essere utile" o "Il saggio del villaggio", "Vacanza di lavoro" e "Saranno contenti di avermi conosciuto"”. [2]

Infine, Berne parla dell'importanza dei giochi. I giochi si trasmettono dai nonni ai genitori, e poi a noi. Lo scopo della nostra educazione sarebbe imparare i giochi buoni, che variano da cultura a cultura, da famiglia a famiglia.

Ma purtroppo non sempre impariamo i giochi buoni.

Comunque sia, l'obiettivo sarebbe conquistare la nostra autonomia, per poter condurre una vita autentica, una vita che è più possibilmente nostra e non è impossessata da questi schemi. Per raggiungere questo, o avvicinarcisi, c'è bisogno di consapevolezza, di spontaneità, nel senso di "sentirsi o essere liberi di esprimere e selezionare i sentimenti disponibili per noi" in quel momento, per liberarci "dal dominio dei sentimenti che ci sono stati inculcati", e poi d'intimità. Intimità che per Berne significa "franca, immediata espressione di sé, senza elementi lusorii, della persona consapevole, liberazione del Bambino [...] percettivo, incorrotto, ingenuo, capace di essere presente nel luogo e nel tempo". [3]

Per quanto riguarda "Il Bambino", Berne spiega una delle basi della sua teoria dei giochi, cioè l'analisi transazionale, formulata per la prima volta da lui stesso. Qui descrive gli stati dell'io, "Il Bambino", "Il Genitore" e "L'Adulto", le loro interazioni e dinamiche, e fornisce la spiegazione dettagliata delle basi scientifiche di tutto ciò. Nel libro potete approfondire il tema e immergervi nelle spiegazioni scientifiche dettagliate, presentate con un linguaggio scorrevole.

Eric Berne avverte già che la sua teoria, che ha preso forma nel 1962, con gli anni a venire si modificherà, si svilupperà e si comprenderà più profondamente, quindi dobbiamo tener presente che la scienza della psicologia è in evoluzione continua.

Avverte anche che in certe situazioni può succedere che causiamo danni se vogliamo cambiare questi schemi, perché certi individui crollerebbero senza, e in questo modo il danno sarebbe grande. Quindi tutto ciò va visto con delicatezza.

Inoltre, dobbiamo tener presente, come sempre accenno in articoli in cui parlo di libri di psicologia, che la psiche dell'essere umano, comunque sia, è molto complessa.

Suggerisco questo libro per l'effetto che ha avuto anche su di me e perché è una lettura fondamentale per chi è interessato di questo argomento. Mi ha fatto riflettere sulle azioni quotidiane della mia vita, sui miei rapporti interpersonali e sugli schemi che riuscivo a rilevare dopo aver letto il libro. Mi ha portato a cercare di cambiare questi schemi, tentare di sostituire i giochi, cioè il teatro, con l'intimità e con la verità delle dinamiche interpersonali, quando è possibile. Insomma, mi ha permesso di vivere una vita ancora più autentica, ancora più vera, dove posso essere sempre più in connessione con me stessa, con gli altri, con la verità dei miei sentimenti e con quelli degli altri.

 

[1] Berne, Eric (2018): A che gioco giochiamo, Giunti Editore S.p.A. / Bompiani, Firenze, 85-87.
[2] Berne (2018), 159.
[3] Berne (2018), 176.

 

Irisz Maar © febbraio, 2024

Revisione e correzione: Anna Cavallini
 


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