2023. 06. 03.
La vita, quella bastarda
Recensione di L’isola dell’abbandono di Chiara Gamberale
Tartalom értékelése (7 vélemény alapján):
La vita, quella bastarda

"[…] quando la vita irrompe, è sempre il contrario di quello che ci assomiglia”1 – "Perché arrivano le esperienze, potentissime, e ti chiedono di rinunciare a quell'illusione di avere il controllo. È lì che viene fuori l'essere umano. Che può essere meraviglioso e certo, fa paura.”2

 

“[…] la vita […] quella bastarda ci forza […] pure a dare il meglio di noi.”3

Nell’intervista a La Stampa, Chiara Gamberale racconta che avrebbe voluto scrivere delle tre esperienze più potenti, più determinanti della vita umana: innamorarsi, perdere qualcuno che amiamo perché ci abbandona o perché muore, e la nascita di un figlio.4

Il romanzo è strutturato intorno al concetto dell’abbandono. La storia si ispira al mito di Arianna che ha aiutato Teseo a uscire dal labirinto del Minotauro, e sebbene Teseo le abbia promesso di sposarla, una volta uscito dal labirinto, l’abbandona. Gamberale afferma di essersi trovata di fronte a una sfida stilistica, cioè come collegare la storia tanto moderna che ci vuole raccontare a una storia antica.5

La prima epigrafe – “Il mondo è un labirinto” – è di José Luis Borges, e subito fornisce le basi, le fondamenta del racconto, aprendo a diversi livelli di interpretazione. Da una parte, e questo è l’insegnamento più significativo del libro, ci rende consapevoli che il passato, il presente e il futuro come già visto nel pensiero moderno e postmoderno, non si susseguono, o non solo, ma, in sintonia con il pensiero di Borges, si intrecciano in modo labirintico, dove i sentieri ripiegano su se stessi, dopo strade tortuose o meno tortuose, per poi riportarci al punto di partenza tramite strade secondarie e scorciatoie, pur non riportandoci esattamente lì.

Nel romanzo il labirinto si trova nella testa, nella psiche della persona e si fonde inesorabilmente con la complessità, il labirinto del mondo, come abbiamo già visto nelle opere di Borges.

Poi c’è l’altro labirinto. Il labirinto di specchi, ideato da Borges e rammentato da Lidia che, nonostante compaia poco nel romanzo, ha un ruolo fondamentale in quanto esprime i concetti chiave, consegnandoci il filo con l'aiuto del quale percorriamo la psiche e il labirinto della vita della protagonista e troviamo la via d’uscita, e, nello stesso tempo, non la troviamo, perché non è certo che ci sia.

Labirinto di specchi. Vediamo noi stessi negli altri. Come percepiamo la nostra vita, i nostri passi, i nostri sentimenti nello specchio dell’altro? Riusciamo a trovare il nostro vero essere in questo labirinto di specchi o ci smarriamo per sempre, allontanandoci da ciò che proviamo davvero, da ciò che vogliamo davvero? Oppure ogni immagine riflessa in realtà è una parte di noi? Oppure atteggiarsi di fronte allo specchio degli altri è un alibi da quattro soldi per poter evitare di fare i conti con noi stessi? O è tutto vero allo stesso tempo?

Il filo di Arianna conduce Teseo fuori dal proprio labirinto, ma Teseo la abbandona in continuazione. Teseo scappa da Arianna, mentre Arianna, salvando Teseo di continuo, in realtà scappa da se stessa. Un labirinto vero e proprio.

Al centro del romanzo vi sono i quattro rapporti più importanti della protagonista: il rapporto nascente con suo figlio e i rapporti con tre uomini diversissimi fra di loro, Stefano, Di e Damiano. Ripercorriamo insieme alla protagonista i suoi ricordi legati a questi rapporti, per capire insieme a lei il loro significato nella sua vita.

Il mito di Teseo e Arianna, la protagonista del mito, è parallelo al rapporto tra Stefano e Arianna, la protagonista del romanzo. Arianna tiene sempre stretto tra le mani il filo per condurre Stefano fuori dal labirinto, dalla trappola dei propri pensieri e comportamenti dovuti alla sua condizione speciale, e tenta di salvarlo dalle sofferenze che questi gli causano. Descrive la persona, in questo caso la donna, che cerca di tenere tutto sotto controllo, perché non si fida, o almeno pensa di non poter permettersi di aver fiducia che tutto possa andare bene se si abbandona. Stefano tradisce Arianna in continuazione e la abbandona ripetutamente, alla fine però ritorna sempre da lei e Arianna lo perdona. Lo vuole curare o almeno aiutarlo a trovare una cura, e anche in questo senso tiene stretto il filo tra le sue mani.

Chiara Gamberale afferma di se stessa di cercare di tenere tutto sotto controllo, fino al punto di illudersi di poter tenere tutto insieme, come cerca di fare la sua protagonista. Ma non è mai così, dice.6 Perché "quando la vita irrompe, è sempre il contrario di quello che ci assomiglia”7 – "Perché arrivano le esperienze, potentissime, e ti chiedono di rinunciare a quell'illusione di avere il controllo. È lì che viene fuori l'essere umano. Che può essere meraviglioso e certo, fa paura.”8

La vita, il Meltemi, increspa il mare, il corso della nostra vita, sbatte le onde sulla riva con grande impeto, ci spezza, ci lava e ci cade di mano il filo. Come quando in amore ci abbandoniamo, perché ci possiamo abbandonare e non dobbiamo avere il controllo. Quando qualcuno che amiamo sparisce, perché ci ha abbandonati, oppure perché ci viene strappato dalla morte. E infine, quando nasce qualcuno, perché da quel momento niente sarà più lo stesso, e nemmeno noi. Il filo si perde fra le onde immense della vita che sbattono fra di loro.

Di è quello però che nel romanzo "sfida sé stesso: non c’è tigna nei suoi movimenti, c’è solo grazia, è come se cercasse di entrare in un’armonia profonda con il vento […].”9 Con la vita. Fra Arianna e Di si crea subito una reciprocità del sentimento amoroso. Arianna, per la prima volta nella sua vita, sente che può abbandonare il filo, può abbandonarsi a Di ed è al sicuro, ma, allo stesso tempo, ogni imbarazzo e tensione dolce è presente in questo rapporto del tutto nuovo. Qui raggiunge il suo secondo significato il concetto dell’abbandono. E quindi che ci sono rapporti in cui possiamo abbandonare quel filo e dove possiamo abbandonarci noi stessi a qualcun’altro, e che stranamente, alla fine, troveremo noi stessi e l’altro proprio senza il filo.

Nel rapporto con Damiano invece si mette in rilievo il concetto di restare. Certamente l’importanza di questo concetto è presente in tutte le storie raccontate nel libro, strettamente collegato all’abbandono. Ciò è rintracciabile già nella dedica iniziale: “A chi resta”. Oppure, in altre parole, al "coraggio di restare" e al "coraggio di chi resta".10 Arianna, dopo nove anni di rapporto come amanti, comincia a dubitare di Damiano, proprio quando l’uomo decide di lasciare sua moglie per stare con Arianna ed Emanuele, il loro figlio. Arianna invece rifiuta tutto ciò, perché non trova giusto che soltanto la nascita del loro figlio abbia spinto Damiano a prendere questa decisione. Damiano però vuole rimanere e chiede ad Arianna di rimanere. Ma questa volta è Arianna che fugge.

Perché mai a volte noi stessi non riusciamo a rimanere? Non è solamente l'abbandono a far paura, ma, paradossalmente, fa paura anche restare? Può accadere che così ci intrappoliamo in una fuga costante? In tutto ciò è compreso anche che spesso abbiamo paura di affrontare noi stessi, e fuggiamo dal dover fare i conti proprio con noi stessi, concentrandoci sugli altri. In questo senso non rimaniamo presenti neanche proprio per noi stessi. Cerchiamo una via d'uscita dall'assumersi responsabilità verso di noi, seguendo le esigenze e i sentimenti degli altri e dimenticando o mettendo da parte i nostri.

Il nostro desiderio è che l’altro rimanga e che noi rimaniamo per lui o per lei, ma ciò non avviene sempre, perché non può avvenire sempre. Per esempio, perché ce lo impedisce la vita, quando “irrompe”11, e succede qualcosa di irreversibile, crudele o meraviglioso, come l’innamoramento, l’abbandono o la nascita. Inoltre, può capitare, come comincia a sospettare Arianna, che nel corso del tempo non abbiamo capito bene quello che succede dentro di noi e intorno a noi, e di conseguenza abbiamo confuso “una protagonista con qualcuno che passava di lì per caso e qualcuno che passava lì per caso con una protagonista.”12 Arianna, dopo nove anni, non sa se abbia mai amato Damiano o se si sia concessa a lui perché era stato presente e la aveva aiutata dopo il trauma più feroce della sua vita.

L'isola dell'abbandono. Quando qualcuno ci abbandona o muore, rimaniamo da soli, questo è indubbio, ma di fatto nessuno è capace di comprendere o sentire per davvero, insieme a noi, quello che proviamo, perché è un'esperienza che riguarda soltanto noi e soltanto la persona scomparsa, e in questo senso rimarremo in disparte inevitabilmente e incurabilmente su quest'isola dell'abbandono. Nell'innamoramento invece, quando possiamo abbandonarci all'altra persona, si costituisce un altro tipo di isolamento, dove le due persone si trovano insieme su quest'isola dell'abbandono, dove possono permettersi di abbandonarsi. Si isolano insieme dal resto del mondo, si crea un noi. A volte invece abbiamo bisogno noi stessi di isolarci dall'altra persona, per capire meglio i nostri sentimenti, quello che ci è successo o ci sta succedendo, quello che vogliamo noi per davvero. E infine, ci isoliamo anche insieme al nostro figlio quando nasce. Da una parte anche perché è un richiamo biologico, come accenna il libro, ma è anche un miracolo, che succede a noi, mentre non succede soltanto a noi, riflettono Arianna e Di. Nasce un nuovo noi, si crea una nuova isola, mentre non si tratta soltanto di un nuovo noi e non si tratta soltanto di una nuova isola. Riguarda, in un certo senso, esclusivamente il figlio che è nato, a cui è stata regalata la propria esistenza.

Ogni personaggio ha dato qualcosa ad Arianna, ma ha anche tolto qualcosa. 

La dimensione temporale del romanzo segue i sentieri temporali arbitrari e involontari della psiche del protagonista e noi insieme a lei calpestiamo i sentieri del labirinto.

La storia inizia con suo figlio, Emanuele. La sua nascita, la sua esistenza la porta ad intraprendere il suo percorso interiore, per raggiungerlo infine per davvero nell’ultimo capitolo, anch’esso dedicato a lui.

La qualità labirintica della psiche, del tempo e dello spazio si manifesta anche nella tecnica narrativa.

Per esempio lei e lui quasi si fondono, lei e lui vengono appena separati da un velo sottilissimo, e sono raccontati in terza persona singolare. A volte non è chiaro addirittura di chi sentiamo i pensieri. In questi casi le coscienze dei due personaggi si toccano per poi distaccarsi.

Il narratore racconta in terza persona della protagonista, come se la sua coscienza si distaccasse. Da una parte ciò può rispecchiare il distacco da se stessi dopo un evento traumatico. Dall’altra parte ci fa porre delle domande. Racconta lei? A chi racconta? A se stessa? A suo figlio? A noi? Possiamo avere la sensazione che racconti di noi. Il soggetto è generico, mentre non lo è. Ci intrufoliamo, lì, vicino al segreto, eppure sempre lontano.

Un altro elemento importante è la tecnica narrativa che fa percepire l’intensità e la portata degli eventi e delle emozioni nella psiche della protagonista, decidendo di raccontare, o meglio rivivere, quasi tutto al tempo presente. Tutto ciò che la protagonista ha vissuto insieme al suo Teseo – che allo stesso tempo è anche il suo Minotauro – è raccontato al presente, anche se il tutto è successo nove anni prima della nascita del figlio. È un'esperienza che è ancora viva in lei. Lo è, probabilmente anche il dolore folgorante che aveva vissuto.

L’amore con Di, a tratti, è ugualmente al presente.

Narra invece al passato degli eventi accaduti recentemente con Damiano, il padre di suo figlio. Magari perché compiendo il suo viaggio interiore diventa sempre più consapevole e capace di distanziarsi da ciò che le succede per comprenderlo meglio? Mentre, allo stesso tempo, paradossalmente di nuovo, riesce a mettersi in contatto sempre più intimo con i suoi istinti e li ascolta sempre di più?

Infine, arriva alla prima persona, lì, da dove è partita. Arriva da Emanuele. Racconta a lui in prima persona e rivolge la parola a lui. Ha ritrovato la propria voce, che aveva perso. Può darsi che l'avesse persa perché stringeva il filo a sé troppo forte.

L’isola, come afferma Chiara Gamberale, aiuta i protagonisti a diventare chi sono realmente, mentre, nello stesso tempo, li condanna ad essere chi sono. Protegge e minaccia.13

Mito e psicologia s’intrecciano nel romanzo. Razionalità e istinto si contrappongono per poi diventare alleati e complici. Assumersi la responsabilità verso noi stessi e verso l'altro e la fuga da questa responsabilità. Il segreto che è l’uomo.

 

Traduzione: Irisz Maar - Anna Cavallini

Revisione linguistica: Anna Cavallini

Irisz Maar © giugno 2023

 

1 Gamberale, Chiara (2021) L’isola dell’abbandono, Giangiacomo Feltrinelli, Milano, 111.

2 Intervista con Chiara Gamberale, <https://shorturl.at/IKLM1> La Stampa, 2023/05/26.

3 Gamberale (2021), 121.

4 Intervista con Chiara Gamberale, <https://shorturl.at/IKLM1> La Stampa, 2023/05/26.

5 Id.

6 Id.

7 Gamberale (2021), 111.

8 Intervista con Chiara Gamberale, <https://shorturl.at/IKLM1> La Stampa, 2023/05/26.

9 Gamberale (2021), 98.

10 Intervista con Chiara Gamberale, <https://shorturl.at/IKLM1> La Stampa, 2023/05/26.

11 Gamberale (2021), 111.

12 Gamberale (2021), 215.

13 Intervista con Chiara Gamberale, <https://shorturl.at/IKLM1> La Stampa, 2023/05/26.

 


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